giovedì 25 ottobre 2007

Un inizio agrodolce

L'ultima immagine che conservo del Pakistan e' quella della cerimonia di chiusura del confine con l'India: soldati enormi, alti anche 2 metri, imbellettati e vestiti di nero che marciano ad ampi passi verso il confine indiano, alzando le gambe in modo innaturale e pestando violentemente i piedi; il suono generato accentuato dalla presenza di una placca metallica sotto la suola degli stivali! Gli indiani, dall' altro lato del confine, fanno altrettanto. I soldati dei due Paesi, arrivati in marcia fino al cancello che li divide, si fermano a pochi centimetri l'uno dall'altro, quasi si toccano, si guardano ferocemente negli occhi e gonfiano il petto. La folla, accorsa numerosa ad assistere allo spettacolo, incita con cori e batte le mani. Lungo la strada, sia sul versante indiano che su quello pakistano, sono state allestite delle tribune; sembra di essere allo stadio. La parte indiana vince in quanto a pubblico, folklore e rumore. In Pakistan invece, forse a causa del Ramadan, la presenza e' ridotta, ma non meno fiera e genuinamente nazionalista. La cerimonia termina con l'ammainamento della bandiera e la chiusura, violenta, della cancellata. Ogni giorno lo spettacolo si ripete, a mantenere viva la rivalita' tra i due Paesi.
Come dicevo, questa e' l'ultima immagine che conservo del Pakistan, ultima in ogni senso perche' appena entrato in India, nel corso del secondo giorno di permanenza, mi hanno rubato la macchina la fotografica; e questo proprio durante la cerimonia di chiusura del confine, che stavo guardando sul lato indiano! (Volevo fare il gioco "scopri le differenze" tra le due cerimonie...)
Nello spingi spingi per accaparrarsi le posizioni migliori sulle tribune qualcuno mi ha sfilato la macchina dall'astuccio che tenevo a tracolla. Porca miseria, non avevo ancora salvato nessuna fotografia del Pakistan; son tutte perse! Tranne che nella mia memory card cerebrale...
E' un brutto colpo, che condiziona i miei primi giorni in India, rendendomi diffidente e nervoso. Peccato, perche' Amritsar e' un posto particolare. La citta' si trova ad una trentina di km dal confine pakistano ed e' il maggiore centro religioso dei Sikh, gli indiani con il turbante, per interderci. Qui vengono in pellegrinaggio al Golden Temple, un bellissimo edifico, molto grande, di un bianco accecante, che al suo interno ospita un lago rettangolare; al centro di quest'ultimo, si trova una struttura interamente dorata dove i Sikh, giunti dall'India e da ogni angolo del mondo, convergono a venerare il loro testo sacro. Il tempio e' aperto giorno e notte e gli altoparlanti trasmettono incessantemente canzoni e salmi. I pellegrini si immergono nelle acque sacre del lago o pregano lungo le sue sponde. Nonostante sia molto affollato, sia di giorno che di notte, il luogo trasmette una sensazione di armonia e tranquillita' ed e' piacevole passare il tempo seduti per terra ad ammirare la folla.
Per due giorni ho alloggiato nelle strutture del tempio che dispone di tre edifici che funzionano da ostello per i pellegrini. Il via vai e' costante e colorato. Uno dei palazzi ha al piano terra una stanza dormitorio per gli ospiti stranieri. E' quasi sempre piena di travellers che, come me, vengono ad ammirare questo luogo magico. La sistemazione e' veramente basic, un mini materasso consumato dal tempo posto su una tavola di legno, ma in compenso vitto e alloggio sono a spese del tempio (si accettano donazioni!). All'esterno del nostro stanzone, nel cortile dell'edificio, dormono avvolti nelle coperte i pellegrini che non sono riusciti a trovare posto in una camera; sono tantissimi e occupano quasi tutta la superficie calpestabile.
Un giorno sono stato a pranzo nella mensa del tempio; disposti su lunghe file, si mangia seduti per terra, gambe incrociate e gomito a gomito. Il menu' e' semplice: prevede una zuppa di lenticchie, una pappa dolce di colore gialla, dolciastra (forse a base di legumi) e le immancabili piadine (chapatis). Anche la mensa lavora su 24 ore e c'e' sempre tantissima gente da sfamare, oltre 100mila pasti al giorno, si dice. Subito all'esterno dell'edificio si avverte il rumore metallico, quasi assordante, delle centinaia di volontari che lavano le stoviglie.
Il tempio dorato e' stato il guscio protettore dei miei primi giorni in India: ne ha attutito il caos delle strade, i contrasti, le contraddizioni, i rumori e la sporcizia. Avremo tempo per approfondire tutti questi aspetti!
Dopo Amritsar e il suo splendido tempio mi si prospetta ora il Grand Tour del Rajastan, la destinazione (e provincia) piu' turistica dell'India.

Rene'

6 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao! leggo sempre i tuoi post, e non vedo l'ora di leggere delle tue avventure in india....
ti auguro tutto il meglio! :-)

Anonimo ha detto...

che peccato per la macchina! vuoi che ne spedisca una? dico sul serio mi fai avere un indirizzo presso il quale fartela recapitare e te la mando!

rilassati, è un peccato non poter condividere gli altri le belle immagini pakistane che ti sei goduto... pensa che veramente rimarranno nella tua memoria per tutta la vita... divertiti!

Anonimo ha detto...

... mi dimenticavo, sono giambattista

René van Olst ha detto...

ciao giambattista,
grazie mille per la proposta!
ne ho comprata un'altra e presto ci saranno le nuove foto. mi spiace per la "perdita" del Pakistan. devo stare sempre all'occhio qui in india!
ciao

Anonimo ha detto...

sono d'accordo con "giamba", te l'ho già detto, perchè tutto quello l'ho saputo prima e mi dispiace molto, ma la tua memoria non può rubare nessuno.
1 bacio da casa

Anonimo ha detto...

Ma chi e' questo fantomatico e poetico "Giamba"?
Ne conosco uno pasticcione qua in ufficio... sarà forse lo stesso che si dimentica di firmare i suoi post da anonimo?

Davide V.