lunedì 26 novembre 2007

In mezzo scorre il fiume

Il Gange, grandioso Gange. Il fiume sacro degli induisti, dove i pellegrini vengono a bagnarsi e a lavare i propri peccati, a morire e a farsi cremare. Sulle sue sponde sorge Varanasi, importante centro spirituale, secondo alcuni la citta' piu' antica al mondo. Senza dubbio e' una citta' che colpisce tutti i sensi e non concede vie di mezzo: o la ami o la odi. Sensazioni contrastanti: e’ bello perdersi e ritrovarsi nelle strettissime stradine del centro storico ma e' snervante zig-zagare tra vacche sacre e caccone molto meno nobili; e’ piacevole attardarsi a bere un the con una famiglia indiana quanto e' stressante dribblare l'ennesimo procacciatore d'affari; oppure assaporare profumate spezie orientali e subito dopo scontrarsi con il tanfo della spazzatura abbandonata a bordo strada.
Una escursione in barca a remi sul placido Gange, prima del sorgere del sole, e' sicuramente un ottimo modo per apprezzare Varanasi. Dalle acque e' possibile scorgere gli abitanti che spuntano dalle viuzze, si riversano sulle sponde del fiume e praticano la preghiera mattutina (puja), con le gambe immerse nell'acqua e la mani che rilasciano fiori e candele galleggianti. Una leggera foschia ricopre ancora la citta', colorandola con magiche e mistiche tonalita' di rosa.
Varanasi e' la citta' degli induisti, della sacralita', dei santoni (baba o guru), dei turisti e di chi ha deciso di rimanerci piu' a lungo: a frequentare un corso di yoga, a studiare hindi o imparare a suonare il tamburo o il sitar. Manuela appartiene all'ultima categoria in quanto cuoca del Karki's Restaurant dove io, fedellissimo della pasta, mi reco ogni sera per uno spaghetto o un piatto di penne. Deliziosi sapori di casa! Ovviamente non sono l'unico al quale manca il "primo piatto". Da Manuela ci si imbatte in un pubblico, italiano, variegato: convertiti alla spiritualita' indiana, new-agers, istruttori e praticanti di yoga, musicisti e fumatori incalliti. Allungando l'orecchio si sente parlare di guru, ashrams, poteri particolari, meditazione trascendentale, esperienze ultrasensoriali, energie positivie, negative, cosmiche, ecc... A me, per il momento, basta il piatto di pasta per rigenerarmi dopo una giornata passata a percorrere su e giu' le sponde del fiume, tra lavatori di panni, barcaioli, pellegrini in preghiera, santoni e cremazioni.
Per alcuni giorni alloggio in una tranquilla e pulita guesthouse, lontana dal trambusto del centro e gestita da una affettuosa coppia di ottantenni! Il marito mi ha preso particolarmente in simpatia e un pomeriggio mi ha raccontato del suo interesse per la storia e in particolare per Napoleone e per Hitler (?!). E' ancora rammaricato per la perdita di Mein Kampf , libro che aveva prestato ad un suo amico e mai ritornato. Snocciola aneddoti: "lo sai che Hitler era impotente?". Curioso. Mi e' poi capitato di vedere Mein Kampf esposto in una edicola alla stazione ferroviaria: letteratura da viaggio all' indiana? Oppure si stanno preparando a governare il mondo?
Il mio tranquillo soggiorno viene pero’ turbato da una serie di improvvisi eventi negativi:
1. faccio i panni al pomeriggio e li stendo sul tetto della casa. Alla sera non sono ancora asciutti e li lascio quindi dove sono. La mattina seguente solo una t-shirt rimane stesa mentre il resto e’ sparso per terra o, peggio, disperso sui tetti delle case circostanti: le scimmie mi hanno rubato le mutande nottetempo! Con il proprietario di casa faccio il giro del vicinato: in un cortile trovo una t-shirt con la manica tutta sfilacciata, mentre su un altro tetto recupero alcune mutande. Tutto sporco e da rilavare!
2. attacco di diarrea post-ingerimento di yoghurt avariato
3. la presenza di un gruppo di toscani, genere rastone-cannaiolo, che indugiano a fumarsi delle grosse pipe proprio sotto la finestra della mia stanza e mentre sto cercando di controllare i crampi allo stomaco (dimenticavo: il tutto alle 2.30 di notte). Risultato: rinuncio al treno che avevo intenzione di prendere alle 5.30 del mattino (non mi reco neanche in stazione). L'indomani, per lo meno, si scusano per il rumore causato e mi offrono un cylumino all'ora di colazione (fumano a ciclo continuo, quasi un lavoro per loro!): "no grazie ragazzi, sto poco bene" e indico lo stomaco. "Ahh, c'hai la caghetta? Hai gia' preso qualcosa?". "Si, ho delle pastiglie" rispondo. "Ah lo so; te c'hai i chimiconi. Non va bene! Prendi queste, ayurvediche e 100% naturali" (loro si che sanno quel che fa bene al corpo!). Ne prendo due e cerco di tirarmi insieme per affrontare il viaggio in treno verso Bodhgaya.
Saluto Varanasi, le sue colorate genti e la pasta di Manuela. Dopo l'induismo e' ora di immergersi nel buddismo.
Rene'

giovedì 22 novembre 2007

Tigre... Tiger Man!

La visita al parco nazionale di Kanha - India centrale - inizia cosi: arrivo puntuale in stazione a Varanasi per prendere il mio treno alle 8 di sera che sul display luminoso viene gia' dato con 7 ore di ritardo... Nell'incredibile tranbusto di ogni stazione ferroviaria indiana trovo aiuto in un simpatico signore, anche lui diretto verso il sud del Paese, che prima mi porta in un ufficio dove il mio biglietto per il treno in ritardo si trasforma, grazie ad un timbro, in un biglietto universale valido su qualsiasi treno e poi mi aiuta a effettuare la prenotazione di una cuccetta su un espresso in arrivo da li a poco. Sbrigate le procedure ci fermiamo un po' a parlare e scopro che lavora per l'esercito ed e' di stanza alle isole Nicobare. Una piacevole chiaccherata in attesa del treno, ognuno seduto sulle rispettive valigie.
L'indomani, arrivato in stazione a Jabalpur, mi reco all'ufficio turistico dove mi aspetta lo zelante sig. Lakampal che deve formalizzare la mia presenza in un lodge all'interno del parco nazionale. La scena e' fantozziana in quanto l'impiegato, purtroppo, ha un problema agli occhi e si atteggia esattamente come il Rag. Filini, in modo giocondo e un po' schizzato e tenendo i fogli di carta a meno di 1cm dal naso!
Da Jabalpur il parco nazionale dista ancora 160km e 6 snervanti e burrascose ore di autobus, il quale, messo a dura prova dal manto stradale, si scassa a meta' percorso: sospensione posteriore destra spezzata e game over. Tutti i passaggeri, me compreso, si imbarcono sul primo pullman di passaggio. Giungo alla meta in piena oscurita', alle 7 di sera, dopo quasi 24 ore di viaggio e crollo ben presto, appena terminato di cenare. La sveglia e' gia' fissata alle 5.15 in modo da entrare al parco con la jeep, per il "safari", verso le 6.
Protetto dalla mia zanzariera dormo sonni tranquilli mentre all'esterno del lodge la giungla, viva nella notte, si riempie di suoni.
Il safari. Quando la jeep si addentra nel parco, la foresta e' ancora avvolta in una umida, fresca e misteriosa foschia. Oltre a me, sul mezzo, ci sono due guide e una coppia di turisti svedesi. Il primo tratto di strada percorsa sembra l'inizio di una giostra degli orrori; ai nostri lati scorre una lunga serie di enormi ragnatele, punteggiate di rugiada e popolate da ragni di dimensioni veramente ragguardevoli... Brrrr... Verso le 8 di mattina giungiamo in un'ampia prateria; il sole si sta facendo largo tra le ultime nebbie e di li a poco iniziamo a scorgere i primi gruppi di cervi e gazzelle. Ci fermiamo con la jeep sotto ad un albero popolato di simpatiche scimmie; in lontananza scorgiamo un uomo in groppa ad un elefante e la nostra guida decide di raggiungierlo: e' un guardia-parco che ci spiega che stava pattugliando la radura in quanto sospettava la presenza di una tigre. Torniamo quindi sotto l'albero delle scimmie attendiamo. Dopo una ventina di minuti inizio a spazientirmi e chiedo alla guida se non e' meglio andare da un'altra parte: dopotutto c'e' un potenziale di 1900 km quadrati da esplorare! Forse c'e' una tigre - mi dice - aspettiamo. Di li a poco le scimmie sull'albero inizia a urlare come impazzite. E' il segnale! The tiger is coming! - grida eccitata la guida. In effetti le scimmie urlano e hanno lo sguardo fisso verso la prateria. Salto in piedi sul sedile, macchina fotografica in mano. A 20m di distanza sbuca una tigre dall'erba alta della prateria e attraversa la strada di fronte alla jeep. Scatto con le pulsazioni in rapida accelerata. La tigre cammina tranquilla, non ci degna neanche di uno sguardo e sparisce di nuovo nella prateria. Ci stringiamo le mani e ci scambiamo pacche sulle spalle in un momento di esaltazione collettiva poi ripartiamo, aggiriamo la prateria e attendiamo la tigre, che potrebbe comparire nuovamente la dove l'erba lascia il posto agli alberi. Ci piazziamo quindi ai margini della prateria, nascosti in un leggero avvallemento del terreno; alla nostra destra, arbusti e un cumulo di grosse roccie, alla sinistra, foresta. Siamo in silenzio. La tigre potrebbe apparire da un momento all'altro. Wow! Compare propria in cima alle roccie e poi scende passando questa volta a meno di 10m dalla jeep. Roba da Libro della Giungla! Un brivido lungo un minuto, poi la belva scompare definitivamente in un impenetrabile vegetazione.
Passiamo ancora alcune ore nel parco in uno stato di completo appagamento: non ci poteva capitare di meglio! A mezzogiorno, quando lasciamo il parco, firmiamo il "libro degli avvistamenti"; non capita a tutti!
Tornato al lodge mi abbandono ad un sonnellino pomeridiano e mi godo la tranquilla serenita' della natura, lontanto, finalmente, dalla frenesia urbana indiana.
Rene'

domenica 18 novembre 2007

Cartoline indiane

Il primo viaggio in India non puo' ritenersi completo senza la visita al Taj Mahal, la "cartolina" indiana per eccellenza. E' un monumento splendido e impressionante, che lascia senza fiato e a bocca aperta. Un grandioso mausoleo di marmo voluto dall'imperatore Shah Jahan per la sua seconda moglie. Il Taj e' stato eretto su una piattaforma, sempre di marmo, che consente unicamente al cielo a fare da sfondo al monumento. In fronte ad esso, giardini ornamentali e una serie di fontane rendono perfetta la magia. Il prezzo della bellezza, si sa, e' alto, ma lo pagano solo gli stranieri (15 euro a cranio), mentre gli indiani se la cavano con 40 eurocents!
Il Taj mi magnetizza e la sua vista accompagna quasi ogni momento della mia giornata, dalle colazioni fino alle cene, sempre consumate su terrazze con vista monumento.
Il Taj Mahal e' sicuramente il pezzo forte dell'India da esportazione, ma vogliamo non parlare della esotica cucina indiana? Quest'ultima e' senza dubbio la migliore sorpresa del mio viaggio nel subcontinente. I pasti frugali e monocromatici dell'Asia Centrale sono ormai un lontano ricordo. Qui e' tutta un'orgia di sapori, spezie, aromi e colori. La cosa che mi stupisce maggiormente e' il fatto che l'India e' un Paese in larga parte vegetariano e, nonostante cio', i piatti che compongono il menu sono veramente tanti. In Italia le verdure per me erano semplicemente insalate o bollite e, sostanzialmente, un contorno. Qui in India assumono un significato diverso e diventano il piatto principale di una cena: verdure ripiene; oppure in molteplici salse a base di curry; fritte; stufate; crepes e frittelle vegetali... E l'elenco potrebbe andare avanti. Volendo mangiare carne, non e' facile trovare un ristorante adatto, perche' la maggior parte dei locali sono vegetariani. Va detto poi che gli indiani mangiano unicamente carne di pollo e pesce; la vacca, come saprete, e' sacra! Inoltre mi e' parso di capire che hanno una specie avversione per i cibi crudi o poco cotti e, nel caso della carne, sanguinolenti. Mi e' capitato di leggere articoli scritti da giornalisti indiani in viaggio in Europa che lamentavano il fatto di non riuscire a trovare ristoranti con piatti vegetariani soddisfacenti oppure cassavano il pane (tipo ciabatta) perche' troppo duro (ferisce la lingua!). Citavano l'Italia come miglior Paese perche' "almeno li, possiamo soppravvivere a pasta e a pizza". Davvero buffi.
Ma torniamo al personale. Insomma, l'abbondanza di piatti a base di verdure ha fatto si che a partire dal 5 ottobre, data del mio ingresso India, fino al 13 novembre, non ho toccato un pezzo di carne! Non che sia diventato un vegetariano convinto; penso sia una scelta igienica e sicura visto il trattamento infame riservato ai polli e alla loro carne, una volta macellata.
In quanto alle abitudini degli indiani a tavola devo dire che anche in questa situazione sono frenetici e quasi irrequieti. Il cibo, una volta in tavola, e' consumato in fretta e non e' seguito da una chiaccherata conviviale. Sedersi-mangiare-alzarsi. Un ciclo di 30 minuti o poco piu'. Ben altra cosa rispetto alle nostre abitudini europee.
Sul fronte bevande mi sono fatto delle gran scorpacciate di lassi, un drink a base di yoghurt che, alla mattina, da una piacevole sensazione di sazieta'. Poi c'e' il the (in indiano, chai), presenza fissa in ogni momento della giornata, bevuto in piccoli bicchieri di vetro con aggiunta di latte e molto zucchero. Lungo le strade e nei vagoni dei treni echeggiano senza sosta le voci dei venditori di the: chai chai chai!
E il fisico? Sempre bene, per fortuna. Temevo l'India, ma finora tutto ok. Mi hanno solo tradito un dolcetto, seguito a mezz'ora di distanza dallo scherzetto, e un bicchiere di lassi, a base di yoghurt probabilmente avariato, che ha trasformato il mio intestino in una specie di tubo di scolo di un lavandino; ogni volta che mi spostavo o cambiavo posizione sentivo un inquietante e pericoloso gorgogliare!
Taj Mahal e cibo: l'India al meglio!
Rene'

lunedì 12 novembre 2007

L'India e la sua capitale

Delhi e' lo specchio in cui si riflette l'India di oggi. Ci arrivo con uno scomodo viaggio in treno, 4 ore in seconda classe, l'ultima e la piu' economica. Nello scompartimento c'era gente ovunque: seduta per terra, schiacciata sui sedili e anche sdraiata sui porta bagagli. Sceso a Delhi mi preparo al peggio. Cosa mi succedera' in questa megalopoli di 13 milioni di abitanti? Temo di venire risucchiato dalla citta' e dalle sue strade, fagocitato, spolpato, fatto a pezzettini e poi rispedito in Italia. Macchè, niente; proprio un bel nulla. E' invece un interessante ritorno alla vita e ai ritmi di una capitale.
Dalla stazione, con un breve passeggiata, raggiungo Paharganj, il quartiere dove dormono quasi tutti i travellers; una trafficata strada di 2 km con alberghi e negozi uno in fila all'altro. Mi baso all'Hotel Lord Krishna che, a dispetto del nome, non e' proprio un posto frugale. Dormo nella miglior camera avuta in India nelle prime due settimane di viaggio. C'e' pure la TV, cosi mi godo scampoli della due giorni di Champions League (yes!) oppure un film su Star Movies (Jurassic Park 3, Ritorno al futuro 2, per citarne alcuni).
Per molti viaggiatori Delhi e' il punto di arrivo o di partenza dall'India e Paharganj offre al turista tutto quello di cui ha bisogno. Alloggio a prezzi modici, un ricco piatto di curry, il look appropriato per la vacanza o l'ultima collanina prima di tornare a casa. La strada principale e' caotica e oltre a dover schivare il via vai di moto, rickshaw e mucche e' necessario dribblare gli esagitati negozianti. Ogni tanto si incrocia qualche residuato dell'era hippy, consumatissimo dagli anni, o qualche tipo pieno di piercing e con lo sguardo spento, che ha donato probabilmente una parte di cervello nel corso di un rave su una spiaggia di Goa. Si notano subito perche' sono troppo diversi dal resto della folla che anima la via.
A Delhi resto 5 giorni, piu' del previsto; mi trovo bene: si allenta la morsa dei procacciatori d'affari e ho la tranquillita' necessaria per esplorare l'enorme citta' e cercare di capire l'India. Si, l'India. Un gigante, in tutti i sensi. Geografico, economico, sociale. Si stima che la sua popolazione superera' quella della Cina entro il 2050, in assenza di una adeguata politica di pianificazione famigliare. Ogni anno aggiunge, in quanto ad abitanti, una Australia intera; e la preoccupazione generale e' quella di avere abbastanza cibo e posti di lavoro per tutti. L'economia galoppa, la Borsa sale ma i servizi pubblici sono ancora carenti e una grossa fetta della popolazione, soprattutto nelle campagne, vive in condizioni di poverta'. A Delhi c'e' una metropolitana nuovissima, inaugurata qualche anno fa; tirata a lucido, con aria condizionata, e' un piacere prenderla e abbandonare i movimentati e rumorosi spostamenti in autorickshaw.
Il futuro dell'India sembra essere scritto nel viso dei giovani di Delhi: sorridenti, vestiti alla moda e attenti ai dettagli, cellulare in una mano e lettore mp3 nell'altra, allegri all'uscita dal cinema o rumorosi all'interno di un fast food. Preoccupati del proprio aspetto come gli attori di Bollywood, le vere superstar indiane, piu' famosi e conosciuti di qualsiasi politico. India: un paese in bilico tra modernita' e tradizione. I genitori rimproverano ai giovani uno stile di vita troppo frivolo e sono preoccupati dalle conseguenze dell' afflusso di novita' dall'occidente tanto da arrivare a far pedinare da un detective privato il figlio in vacanza-studio all'estero. La migliore barriera a protezione della cultura indiana, che ne evita il diluirsi e le impurita' provenienti dal resto del mondo, e' tuttora la famiglia e la pratica, ad essa collegata, del matrimonio concordato (l'80% dei matrimoni in India sono concordati). Il giornale della domenica ha una sezione speciale di oltre 10 pagine di annunci matrimoniali, divisi per caste, gruppi di eta', sesso, provenienza. Ne trascrivo uno, per farvi capire. Sono particolari e alcuni fanno sorridere. We are looking for a tall Rajput boy, age 26-29 years, with Engineering & Management qualification from highly reputed institutions. Success oriented and highly ambitious, vegetarian boy, presently in India or overseas, with respect for traditions but modern outlook from a respectable family... L'ultima frase sintetizza perfettamente quello che l'India vuole essere al giorno d'oggi: un Paese con una prospettiva moderna, nel rispetto delle tradizioni. Lo stile degli annunci puo' variare ma la sostanza rimane la stessa: il futuro moglie/marito deve essere bello, educato, magro, istruito, meglio se di business family.
Sdraiato nella serena tranquillita' dei Lodi Gardens alzo lo sguardo dal giornale e scruto un antico, screpolato, mausoleo. Mi preparo all'animazione del prossimo mercato; qui a Delhi ce ne sono tanti, uno in ogni quartiere, e diversi, come i suoi abitanti: vestiti griffati o contraffatti, gioielli o bigiotteria, gastronomia europea o spezie orientali. Old Delhi e New Delhi. Nella prima: stradine strette, sporcizia, rumori, odori, bazaar, sovraffollamento, case a 2 piani, un forte e la moschea piu' grande dell'India. Nella seconda: alberi, parchi, grattacieli e cinema multisala, gelaterie e fast food, pianificazione urbana, viali spropositati e alti muri di cinta a proteggere gli edifici governativi e le residenze dei politici. Old e New si toccano e si mischiano a Paharganj e a me non resta che scegliere da che parte andare.
Rene'

domenica 4 novembre 2007

La terra dei Re (2)

Jodhpur, Rajastan: il Meherangarh Fort troneggia in cima ad un colle e sovrasta maestoso la citta'. E' forse il monumento che simboleggia al meglio lo sfarzo, il lusso e il potere di cui godeva un maharaja. Dotato di audioguida mi avventuro alla scoperta di questa citta' nella citta' e provo ad assoporare il gusto che doveva avere la vita della famiglia reale. Entro in sale dai muri dipinti e adornati da centinaina di piccoli specchi, placche dorate, sete preziose e tappeti. Molto interessante e curiosa e' l'esposizione di palanchini, dove venivano trasportati, a forza di braccia, re e dame di corte.
Dai balconi del forte si gode di una vista splendida su tutta Jodhpur e in particolare sul quartiere dei bramini (i sacerdoti) con le sue case interamente dipinte di blu e azzurro. Prendo tempo per navigare con lo sguardo oltre la citta' e mettere a fuoco la pianura e i campi che si perdono nell'orizzonte prima di tornare al trambusto della Jodhpur cittadina.
La Blue House Guesthouse, dove alloggio, e' gestita da una famiglia di Jains che mi spiegano alcuni concetti base della loro religione (gianismo), una deriva dell'induismo, come il rispetto di ogni forma vita animale e il conseguente fatto di essere puramente vegetariani che significa, ad esempio, che dalla tavola sono bandite le uova. La casa ha una terrazza sul tetto perfetta per rilassarsi e far passare le ore calde del pomeriggio, sorseggiando the con lo sguardo fisso in alto, verso il forte.
Udaipur. Se Jodhpur e' la citta' blu, per via delle case colorate dei bramini, Udaipur e' la candida citta' bianca, teatro di un'altra favolosa follia dei maharaja. Constatato il fatto di vivere in un territorio arido dove l'acqua, ad eccezione del periodo monsonico, scarseggia, Udai Singh II, ha pensato bene di sfruttare le pioggie del monsone per creare un lago: ha costruito una diga, dando quindi vita a Lake Picholla, un ampio bacino artificiale (intorno al 1600!). Sulle sue sponde ha eretto un enorme palazzo mentre all'interno del lago ha costruito una ulteriore residenza. Udaipur da il meglio di se' nelle ore serali quando dal balcone della mia guesthuose, affacciata sul lago, fantastico con lo sguardo sul palazzo che spunta dalle acque, magnificamente illuminato da centinaia di candele e torce. Il riflesso delle luci sulla nera superficie lacustre fa sembrare il palazzo sorretto da una fila di palafitta dorate. Il tempo sembra essere rimasto fermo alla magica era dei Re. In lontananza, oltre i bagliori della citta', un punto di luce fisso a meta' strada tra l'orizzonte e le prime stelle ricorda un sogno di gloria e potenza rimasto incompiuto: il Monsoon Palace, ovvero la residenza perfetta, posta sulla cima di un monte appuntito, dove la vista puo' spaziare lontano, molto lontano, sulle terre e sui domini reali. Il palazzo non e' mai stato completato, cio' nonostante non manca di trasmettere un'aria di grandezza e nobilta'.
Udaipur, il Palazzo in mezzo al lago e il Monsoon Palace sono stati utilizzati nel corso delle riprese di 007, Missione Octopussy, con Roger Moore. Molti ristorantini turistici trasmettono ogni giorno la pellicola: ne approfitto per passare una serata insolita davanti alla tv insieme ad un piatto di curry alle verdure. Il film e' abbastanza noioso con stunts improbabili come Ape Piaggio che impennano nelle strette strade di Udaipur Vecchia e aerei che attraversano in volo hangars e escono da una fessura nella porta che si sta chiudendo (ovviamente volando perpendicolarmente al terreno!).
Continuo il mio tour alla scoperta di forti e palazzi visitando Chittor e Bundi dove, rispetto alle citta' viste in precedenza, scopro il fascino del monumento abbandonato, misterioso, celato dalla vegetazione, popolato da animali e spiriti del passato. A Chittor il forte si trova in cima ad una collina: su una vasta superficie sono stati eretti palazzi e templi, talmente distanti l'uno dall'altro che per vederne un paio mi faccio dare dei passaggi in moto. I monumenti sono animati da una vivace popolazione di scimmie che si esibiscono in acrobazie e salti tra i resti dei palazzi.
A Bundi invece, oltre alle scimmie, ci sono stormi di pipistrelli che si fanno vedere soprattutto alla sera quando, a migliaia, abbandonano le stanze del palazzo che sovrasta la citta'. Durante la mia visita allo stesso mi sono trovato sulla strada di una decina di pipistrelli che stavano volando giu' per la tromba di una scala... iiiiihhh... spavento!
Chiudo il capitolo Rajastan visitando Jaipur, la citta' rosa e capitale della regione. Sono abbastanza stanco: negli ultimi dieci giorni mi sono spostato in continuazione, quasi esclusivamente su bus sovraffollati e su strade scorbutiche, per non menzionare il continuo assillamento subito da parte dei procacciatori d'affari, la vera spina nel fianco del Rajastan; sempre attaccati alle caviglia dei viaggiatori, ti bombardano di proposte dal momento che scendi dal bus (o treno), quando devi farti largo tra una folla di tassisti assatanati, fino all'ora di cena, quando loro hanno gia' scelto per te il ristorante nel quale andare a mangiare. A Jaipur questo "trattamento" da finti amici tocca l'apice e non si fa in tempo ad allontanarne uno che ne compare un'altro. Ma basta un cenno deciso con la mano e un fermo "no, grazie" per tornare ad assaporare, in tranquillita', la magia del Rajastan.
Rene'