lunedì 22 ottobre 2007

Lahore madness

Lahore: un agglomerato ben oltre i 5 milioni di abitanti, seconda citta' piu' grande del Pakistan e capitale culturale del Paese. Ho il visto per l'India in tasca, ritirato all'ambasciata di Islamabad, la capitale costruita a tavolino 40 anni fa: una strana composizione urbanistica di quartieri, disposti e denominati come le caselle della battaglia navale (F7 piuttosto che G9). Aree urbane quadrate o rettangolari che si sviluppano intorno a un bazaar o shopping mall, collegate tra loro da strade a multi-corsia. C'e' molto verde, sia all'interno delle "isole" abitate che tra i quartieri, ma e' una natura fuori controllo, non curata. Lande con erba alta un metro, arbusti e boschetti impenetrabili, come l'enclave diplomatica (quartiere G9, quello delle ambasciate) accessibile solo con un servizio bus navetta, dopo avere superato i rigidi controlli che si effettuano nell'apposita area di raccolta. Se la citta' e' stata progettata per essere il fiore all'occhiello del Pakistan per ora l'effetto e' quello di un biglietto da visita stropicciato. La superficie cittadina e' troppo vasta e scoraggia pure la visita all'unica attrazione turistica della capitale: l'enorme moschea dai minareti a forma di missile. Ma torniamo a Lahore...
Grazie a delle connections paterne alloggio all' Holiday Inn, uno dei migliori alberghi della citta', a spese di una industria tessile locale. Mi godo il lusso inaspettato: lettone, aria condizionata, doccia con acqua bollente, tv via cavo, wireless internet e piscina sul tetto dell'edificio. Quest'ultima utilizzata, penso, unicamente da me, alla faccia delle rigide tradizioni locali in tema di abbigliamento (non ho mai visto un pakistano a petto nudo in pubblico). La mia stanza, perfettamente insonorizzata, e' la migliore via di fuga al caldo afoso della citta', allo smog, al rumore e al traffico.
Lahore non ha certamente il fascino che ti puo' dare una passeggiata nel centro storico di Peshawar; possiede tuttavia almeno due edifici degni di nota, nobili e maestosi. Il primo e' la Grande Moschea, datata 1600, che, all' interno del suo perimetro, puo' ospitare fino a 10.000 persone in preghiera. L'illuminazione notturna del monumento lascia a bocca aperta e ne enfatizza le dimensioni spropositate. Il secondo e' il Forte che, per costruzione e architettura, e' una piacevole anticipazione di quello che vedro' in India.
Il culmine di una visita a Lahore si tocca nella giornata di giovedi quando la citta' vive due vivaci eventi di natura religiosa. Al pomeriggio, all'interno di un mausoleo, gruppi musicali giunti da tutto il Pakistan esibiscono il loro repertorio di canzoni islamiche mentre alla sera il centro dell'azione si sposta allo Shah Jamal, un altro luogo di culto.
L'ostello piu' famoso di Lahore, il Regale Internet Inn (nome curioso), organizza escursioni a entrambi gli eventi, con una guida locale, assolutamente necessaria perche', andando da soli, ci si sentirebbe senz'altro "fuori posto". Pur alloggiando all' Holiday Inn ho fatto spesso visita al Regale Inn, una vera oasi nel deserto (non ci sono infatti altri ostelli a Lahore), dove ho rincontrato Ben e Jessica (quelli dell' escursione al Khyber Pass), Mirko (il viaggiatore tedesco fricchettone conosciuto nel Nord del Paese) e una serie di altre faccie che avevo gia' visto in passato.
Giovedi ore 22, quindi. Un gruppo di una quindicina di persone, me compreso, parte alla volta dello Shah Jamal, per quella che in città e' conosciuta in come la "Sufi Night". I nostri apecar dribblano il traffico e sfrecciano veloci lungo le strade; si addentrano in quello che pare essere un quartiere residenziale; sensazione presto dissipata dalla folla che ci si para davanti, impedendo il passaggio ai mezzi. Malik, la nostra guida, ci fa depositare tutte le scarpe all'interno di un sacco per la spazzatura e ci accompagna all'interno del tempio. Abbiamo una piccola zona riservata: due fila di gradini, sotto ad un altare di pietra. Di fronte a noi un cortile non piu' grande di 100 metri quadrati, chiuso su tre lati da altri edifici e con il lato aperto sorvegliato da un albero secolare. Il clima si sta surriscaldando. Due musicisti con enormi tamburi appesi al collo producono suoni profondi e ipnotici. Lo spazio calpestabile del cortile e' interamente occupato da ragazzi e uomini accovacciati (niente donne) che muovono ritmicamente la testa e rilasciano nell'aria bianchi nuvoloni di fumo. Alcuni di loro hanno le mani chiuse a pugno e stringono fino a cinque sigarette, che hanno precedentemente svuotato con maestria e riempito nuovamente con una mistura di tabacco e hashish. Balzano incerti tra la folla offrendo il pugno fumante a destra e a sinistra. Il calore dei corpi ammassati - non c'e' più posto per uno spillo - rende l'aria umida e pesante; ogni tanto viene rinfrescata da spruzzate di acqua profumata alla rosa, vaporizzate da alcuni inservienti che si aggirano, in precario equilibrio, tra la folla. I musicisti, chini sui tamburi, sudati, producono un frastuono assordante; devono avere in corpo una energia sopranaturale perche' non si sono ancora fermati un attimo. La folla rumoreggia quando apprezza un cambio di ritmo e si scalda quando la cadenza inizia a diventare frenetica.
Tra gli "ospiti" stranieri inizia una gara di resistenza. Compressi sui nostri gradini, cominciamo ad avvertire noiosi dolori alle gambe e al sedere. Chi cede si alza e si allontana dal cortile, in cerca di angoli piu' tranquilli.
La situazione musicale si protrae così per quasi due ore fino a una pausa, necessaria per riposare gli artisti e per ricavare uno spazio libero all'interno del cortile. E' ben oltre mezzanotte quando entrano in scena i Sufi: 10 personaggi con una vivace vestaglia rossa e dai lunghi capelli. Tra di loro c'e' anche un ragazzino, dalla pelle scura e con il cranio rasato, che porta unicamente un paio di pantaloncini e ha appeso lungo le gambe e intorno al petto una serie di campane. La cosa fa una certa impressione. Il duo musicale inizia un lento crescendo, martellante e avvolgente. I Sufi iniziano a muovere freneticamente la testa, auto-provocando lo stato di trance. Il ragazzino danza seguendo il ritmo e lo amplifica grazie al suono delle campane. Uno dopo l'altro i Sufi iniziano a roteare, acclamati dal pubblico, che li segue estasiati. Sembrano indiavolati, posseduti. Girano vorticosamente, veloci come trottole, ma nessuno di loro cade. E' incredibile.
Lo spettacolo ha una dimensione irreale, fantastica. Mai visto nulla del genere in passato.
La gente continua a fumare imperterrito; "deve essere la versione pakistana dello sballo", penso. Sono quasi le due di notte e non si ha la sensazione che il rito stia per terminare. Le nostre faccie ormai non nascondono piu' la sofferenza di una posizione a gambe incrociate mantenuta oltre tre ore. Ci alziamo quasi all'unisono e ritorniamo, stanchi, impressionati e taluni rintronati, all'ostello, mentre i mistici Sufi ancora girano, girano, girano...
Rene'

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