sabato 28 luglio 2007

Verso Samarcanda

Verso le 9 ci ritroviamo tutti di fronte all' Hotel Sabina. E' sabato, 21 luglio. Carlo e la coppia di francesi partono alla volta di Almaty, ex-capitale Kazaka ai confini con il Kyrgystan, dove contano di arrivare dopo 2 giorni di strada. Sul camper caricano anche la ciclista svizzera, che per qualche giorno avra' la possibilita' di riposare le gambe!
Saluti a tutti, forse ci incontreremo nuovamente on the road.
Io mi dirigo con la coppia svizzera verso Shymkent. Ho intenzione di raggiungere almeno l'Uzbekistan e Tashkent in giornata. Viaggiamo in taxi collettivo (un minibus) che significa caldo soffocante, sudore e contatto a pelle con gli altri viaggiatori. Quasi due ore e mezza per coprire 200 km scarsi fino a Shymkent, un paio di spiedini per pranzo alla stazione degli autobus e poi via sull' altro minibus fino al confine Kazakistan-Uzbekistan.
Il posto di confine e' come un grosso mercato. Tante macchine, taxi, minibus, chioschi, negozietti e cambiavalute. Due signore mi catturano subito appena scendo dal minibus e mi conducono in una piccola stanza dove cambiano soldi. Cambio la moneta kazaka e dei rubli russi avanzati intonando le note di "Felicita'", cosa che le due signore gradiscono alquanto: ridono e muovono la testa seguendo il ritmo.
Poi inizia la passeggiata verso la dogana, 500 metri in cammino insieme ad un fiume di persone. La maggior parte dei viaggiatori passa infatti il confine a piedi, seguendo un percorso transennato; il numero di auto e camion e' limitato. Sul lato kazako il mio passaporto passa di mano un paio di volte: i doganieri non esitano a condividere con me la loro conoscenza del calcio europeo, citando nomi di calciatori olandesi e italiani. Come popolarita', tra gli olandesi vince Davids e tra gli italiani a pari merito Gattuso e Maldini. L'uscita dal Kazakistan non e' senza intoppi: sul mio passaporto manca infatti il timbro di ingresso! Il poliziotto e' perplesso e non sa bene come procedere; secondo me sta pensando se pelarmi con una multa o lasciarmi andare. Gli mostro il biglietto del treno Mosca-Aralsk e cerco di dirgli il nome della citta' kazaka di ingresso. Pare capire... Mi fa cenno di aspettare, esce dal suo stanzino e si dirige verso altri uffici. Il tutto dura una ventina di minuti, mentre il fiume di persone che transitano accanto a me scorre ininterrotto. Finalmente ritorna, tutto ok dice, timbra e mi riconsegna il passaporto.
Sul fronte uzbeko, in primis, mi assicuro di ricevere il timbro di ingresso! C'e' poi da compilare il modulo di dichiarazione di valuta, in russo ovviamente... Un ufficiale mi aiuta un poco ma me lo fa ricompilare un'altra volta perche' ho scambiato la data di nascita con la data di ingresso... azz!
Finalmente approdo in terra uzbeka, e' ormai tardo pomeriggio. Tiro indietro la lancetta dell' orologio di un'ora e salto su un minibus verso Tashkent, che mi scarica alla prima stazione della metropolitana che incontra (Tashkent e' l'unica citta' dell' Asia Centrale con metropolitana).
Mi accorgo subito della militarizzazione del Paese: gli uzbeki dicono che su 10 abitanti, 7 sono poliziotti! In metro vengo fermato: fortunatamente il mio passaporto risulta ok!
Arrivo verso le 19 alla stazione dei treni e scopro che c'e' un treno per Samarcanda in partenza alle 20; ottimo. A Samarcanda mi aspetta infatti un cugino di papa', impegnato in progetto idrico finanziato dalla Banca Mondiale. Come prima cosa cerco un telefono e mi ritrovo in una stanza con una signora addetta alla composizione dei numeri di telefono che poi trasferisce le telefonate a delle cabine; piu' tardi mi spiegheranno che e' l'unico modo per effettuare delle interurbane. Avverto il cugino Ernst del mio arrivo.
Poi verso la biglietteria... la signora allo sportello mi dice che prima mi devo registrare all' ufficio immigrazione. Ok... Entro in un nuovo ufficio dove un ufficiale mi accoglie e dopo avere tracciato con il righello delle nuove colonne sul suo righello annota nome e cognome, numero del passaporto e citta' di destinazione. Il tutto richiede piu' tempo del previsto, e l'ufficiale se ne scusa, perche' sta seguendo la partita di calcio di Coppa d'Asia Irak-Vietnam!
Una volta registrato (?) posso finalmente procedere all' acquisto del biglietto. Mi precipito al binario che mancano solo 5 min. alla partenza. Ho preso un posto di terza classe sull' espresso notturno Tashkent-Bukhara. Arrivo previsto a Samarcanda, ore 1.30
Il treno e' sovraffollato, caldo e puzzolente. I passeggeri vicino a me mi accolgono curiosi e mi offrono subito del te' cercando di attaccare bottone. Bello. In un eccesso di confidenza mi appisolo disteso con la Lonely Planet tra le mani ed il telefonino appoggiato sul tavolino a fianco della mia testa. Mi sveglio all' 1 che e' quasi ora di scendere ma ops... il telefonino e' sparito. Forse e' caduto, lo cerco, sposto le scarpe, guardo sotto la cuccetta, ma niente, solo polvere. Vado dal controllore e gli spiego l'accaduto. Mi dice di seguirlo nel suo stanzino, dove mi consegna il mio cellulare, bagnato fradicio! Lo ringrazio appassionatamente, sono troppo contento. Mi spiega che l'ha trovato nel bagno, mimando un uomo che piscia, nel lavandino, sotto l'acqua. Purtroppo il mio entusiasmo si spegne quando le apro e scopro che manca la SIM... no! Non ci voleva. Intorno a me intanto gli altri viaggiatori si sono svegliati e, appreso del furto, cercano una soluzione che risulta essere "domani a Samarcanda vai ai Magazzini vattelapesca e chiedi della carta SIM".
Il treno entra in stazione. La prima giornata uzbeka ha un retrogusto amaro.

giovedì 26 luglio 2007

Incontri nel deserto

Venerdi ore 10.30, arrivo a Turkistan, sud del Kazakistan, dopo 3 notti e 60 ore passate sul treno. Le mutande penso si siano ormai integrate con il resto del corpo, visto che non le ho cambiate dalla partenza e la canottiera ha il collo che arriva all' ombelico. Non che non mi sia lavato... acqua in faccia, sotto le ascelle e pulizia dei denti erano capisaldi dell' igiene quotidiana; di piu' non si poteva fare.
Turkistan vale una visita per osservare un enorme mausoleo eretto da Tamerlano in favore di uno dei suoi maestri prediletti. Il posto si trova ai margini del paese e tutto intorno il paesaggio e' stepposo, cosi come lo e' sempre stato qui per me in Kazakistan. Visito il sito nel primo pomeriggio ed il caldo e' tremendo. Resisto un'oretta, poi torno a rifugiarmi nel grazioso Hotel Sabina, 1 stella kazaka, camera senza bagno - pulita - toilette in comune alla turca (per fare esercizi di equilibrio alla mattina), spazio doccia minuscolo con enorme boiler che incombe sopra la testa, acqua corrente solo di giorno (di notte e' possibile servirsi di una delle trenta bottiglie di acqua che giacciono riempite sotto il lavandino). Il gestore e' simpatico signore di una certa eta' che non la smette di parlarti in russo (o in kazako?): mi mostra con orgoglio il libro presenze a testimonianza che nel suo albergo alloggiano clienti provenienti da ogni parte del mondo: inglesi, francesi, tedeschi, ecc.
Turkistan avra' poco piu' di 30mila abitanti e c'e' poco da fare se non rilassarsi dopo un lungo viaggio tra steppe e deserti.
Verso sera faccio una puntata alla stazione di polizia locale, visto che non ho il timbro di ingresso in Kazakistan: le pratiche doganali si sono svolte sul treno nella notte tra mercoledi e giovedi e mi sa che sia io che il poliziotto kazako eravamo molto assonnati! Entrare in una caserma in Kazakistan mi mette un poco a disagio, ma incontro subito molti sorrisi e sguardi curiosi; mi sa che sono il primo straniero da molto tempo a varcare la soglia. Il portiere mi accompagna all' ufficio immigrazione dove mi assicurano che anche senza il timbro e' "no problem". Mi fido, sorrido e esco.
Verso sera torno a bighellonare nei pressi del mauseleo, per vedere se mi imbatto in qualche turista e di fatti...
una ragazza mi saluta con un inglese alla francoise e mi invita a bere un bicchier d'acqua su una panchina. Di fronte a me e' parcheggiato il camper dove sta viaggiando con il suo ragazzo. Sono di Nizza e sono partiti dalla Francia a inizio giugno; puntano all' India. Il camper lo hanno comprato in Germania, perche' li' e' piu' economico: ha uno chassis Mitsubishi sul quale e' stata montata la struttura-alloggio dove campeggia la parola Frankia (invece del classico Westfalia!): l'avranno acquistato in Franconia...!
Vicino al loro mezzo staziona una BMW Dakar, una moto mitica, mi dicono: Carlo la sta pilotando dall' Olanda verso est, non sa ancora bene dove, ma sul fatto che sia est non ha dubbi.
Carlo, Freddy e Sophie si sono conosciuti a Baku, in Azerbaigian, sul molo, in attesa di prendere la nave cargo che attraversa il Caspio e porta ad Aktau. Un viaggio pieno di incognite: la nave parte solo quando e' carica e con condizioni meteo favorevoli e la presenza di passeggeri e' limitata ad un certo numero. Mi raccontano di avere dovuto aspettare 4 giorni e che la traversata e' durata 60 ore, una decina in piu' di quelle previste, perche' la nave e' stata ferma nel mezzo del Mar Caspio a causa di forti venti contrari. Spiego a loro che il mio progetto iniziale di itinerario prevedeva la partenza dalla Turchia e l'attraversamento di Armenia, Georgia, Azerbaigian e Mar Caspio prima di approdare in Kazakistan, proprio come hanno fatto loro, ma la difficolta' di ottenere il visto azero in Italia piu' l'incognita della nave (non ero riuscito a scoprire se esistesse o meno) mi avevano dissuaso a favore del piu' semplice collegamento Mosca-Kazakstan.
I tre al momento stanno viaggiando insieme e spesso alloggiano fuori citta': Carlo in tenda, accanto alla moto, mentre i francesi nel camper. In Kazakistan hanno spesso incontrato altri viaggiatori in strada, piu' che nelle citta': ciclisti e anche un olandese in giro a piedi (ha una cintura per trainare un carrettino!)
Andiamo a mangiare due spiedini (snack nazionale) in un ristorante vicino e i Tre incontrano altri 3 ragazzi che avevano conosciuto a Baku: coincidenza! Due ragazzi tedeschi in viaggio in bici dalla Germania fino al Sud Est Asiatico e forse oltre (Australia e Sud America) e una ragazza svizzera, sempre in bici, dalla Svizzera al Kyrgystan. Ammiro la loro forza e perseveranza, in mezzo ad un clima tanto ostile. Solo oggi io mi saro' bevuto 3 litri d'acqua e non ho fatto praticamente nulla... ma loro? Pedalano tra i 50 e 80 km al giorno e poi campeggiano o cercano alloggio presso privati. Un viaggio dai tempi ancora piu' lunghi rispetto al mio e sicuramente ricco di incontri.
Presto ci raggiungeranno al tavolo un' altra coppia di svizzeri, alloggiati all' Hotel Sabina, e la serata viene battezzata la "Notte Svizzera" visto il soprannumero degli elvetici. La ciclista svizzera e' commossa: sono i primi connazionali che incontra dopo 5 mesi e finalmente puo' parlare in svizzero!
Parliamo e sorseggiano birra raccontando i nostri viaggi fino all' una di notte. Intorno a noi, musica kazaka ad alto volume. E' venerdi sera, dopotutto.
Rene'

lunedì 23 luglio 2007

Freccia Kazaka

Il Kazakistan lo ho attraversato con un taglio netto, diagonale. Una lunga ferita di coltello a quello che e' il nono paese piu' grande al mondo, da Ileck, confine nord occidentale, fino a Shymkent, citta' a sud, a pochi kilometri dall'Uzbekistan. Per dare quel tocco di adrenalina in piu', che non guasta, alla dogana in entrata hanno pensato bene di non timbrarmi il passaporto: forse erano assonnati tanto me, visto che le pratiche sono state svolte alla 3 di notte.
Da Mosca fino al confine kazako il viaggio in treno e' durato 24 ore, in compagnia di Alexander e Andrej, che non credevano ai propri occhi quanto hanno appreso che avrebbero condiviso il tragitto con un viaggiatore dall' Italia. Alexander, cadetto in Marina, a San Pietroburgo, masticava un poco di inglese misto russo e in qualche modo si riusciva ad imbastire un minimo di conversazione. Di fatto si e' poi sonnecchiato tutto il tempo. Partiti alle undici e mezzo di martedi sera dalla capitale russa, Andrej e' sceso alle otto di mattina, mentre io e Alexander abbiamo continuato il viaggio in due nel nostro scompartimento di seconda classe (una kupe, in russo, cabina con quattro letti) fino alla notte del giorno successivo, alternando lunghe pennicchelle a tentativi di dialogo. All' altezza di Samara ci siamo scoppiati un litro e mezza di birra calda, che Alexander utilizzava per lavare giu' le aringhe in scatola che si stava mangiucchiando; l'arbre magic del nostro scompartimento: fresco pesce.
Giovedi mattina mi sono rivesgliato in Kazakistan in mezzo ad una steppa di desolato fascino: vista a perdita d'occhio su terreni bruciati dal sole, sabbia e praterie di erba secca. Sprazzi di vita qua e la', nella forma di una autostrada in lontananza o di un gruppo di pigri cammelli. Il verde della campagna e dei boschi russi ha lasciato il posto al giallo ocra della steppa e al blu intenso del cielo.
Attendo di arrivare ad Aralsk verso le dieci di sera. Le fermate sono distanti centinania di kilometri l'una dall' altra, e sono piccole cittadine, che spuntano in mezzo al nulla e che hanno il loro momento di vita all' arrivo del treno, quando una gran parte della popolazione si riversa alla stazione per accogliere i viaggiatori generando un vivace mercato di prodotti alimentari e piccoli oggetti.
In terra kazaka viaggio insieme ad un ragazzo del posto, dai tratti somatici gia' fortemente asiatici ed un bambino uzbeko, del quale non ricordo il nome ma non dimentico assolutamente la vivacita'. La madre lo ha parcheggiato nel nostro scompartimento mentre lei viaggia con le sorelle piu' piccole qualche cabina piu' avanti. Lui non sta fermo un attimo: vuole giocare a carte con me, mi chiede in continuazione la macchina fotografica, vuole che gli apra il finestrino, cosi puo' cacciare fuori la testa, chiama a raccolta gli altri bambini del vagone ed iniziano a rincorrersi e urlare, fissando il campo base dei loro giochi nel mio scompartimento. Non capisco come il ragazzo kazako riesca nel frattempo a sonnecchiare indisturbato in mezzo a tutto quel trambusto.
Fuori il panorama non cambia: steppa, sabbia e un cielo terso come non ne vedevo da tempo. Compatto il cuscino dietro la testa, mi sdraio e riesco ancora a scorgere l'orizzonte oltre il finestrino.
Passare delle giornate in treno e' come chiudersi in una stanza di albergo scendendo raramente dal letto: ti svegli alla mattina, fai una piccola colazione, disfi il letto, chiedi una tazza di acqua bollente al controllore, ti fai un caffe', torni a sdraiarti, ogni tanto bussano alla tua porta, una signora entre e da una passata di aspirapolvere, leggi, fai uno spuntino, torni a dormire... Gran parte del tempo la passi sdraiato, con un libro tra le mani oppure ti immergi coi pensieri tra le forme del paesaggio. Diventi lento, svogliato, quasi insolente. Sdraiato, mi e' capitato di fissare il cartone di succo d'arancia sul tavolino, vicino al finestrino; il sole ci stava battendo contro. Sarebbe meglio spostarlo, pensavo, ma intanto non mi muovevo. Una occhiata all' orologio: trenta minuti erano trascorsi dal primo pensiero, ma ancora nessuna azione. E' un esempio di come puo' passare il tempo, sul treno. Quello che a terra si farebbe in un minuto si puo' tranquillamente fare in un' ora. E quando mancano 3 ore alla tua destinazione? Beh, senza dubbio puoi iniziare a prepararti; tra poco dovrai scendere!
Sarei dovuto sbarcare ad Aralsk, ma non mi e' sembrata cosa da farsi: dieci di sera, sole al tramonto, zero valuta locale in tasca, solo un albergo segnalato su una guida Lonely Planet vecchia di quattro anni, nessun mezzo di trasporto per lasciare la citta' il giorno dopo se non quello di riprendere al volo uno dei pochissimi treni in transito da quelle parti. Aralsk e' una citta' depressa, un ex porto sul lago d'Aral, un tempo enorme e pescoso specchio d'acqua, ora destinato ad una lenta estinzione a causa della siccita'.
Preferisco allora passare la terza notte consecutiva sul treno e scendere il mattino successivo a Turkistan, coprendo in questo modo gia' oltre tre quarti, sull'asse nord-sud, di territorio kazako. Pago direttamente il controllore in dollari, banconota da venti, e mi assicuro la permanenza sul treno.
La notte nel deserto mi regala una volta celeste pura e una bellissima istantanea della Via Lattea.
Rene'

martedì 17 luglio 2007

good bye Lenin

L'anno scorso in Cina ci avevo rinunciato subito, a vedere il corpo imbalsamato di Mao: troppa gente, fila di oltre un kilometro, sole spaccapietre. A Mosca oggi il clima era piu' gradevole. Mi metto in fila intorno alle 11.15 - il mausoleo di Lenin apre dalle 10 alle 13. Si avanza lentamente. Il cielo e' variabile; qualche nuvola qua e la. Un breve scroscio di pioggia che mi coglie nel momento piu' opportuno: ero proprio sotto la chioma di un albero. Dopo un' ora di attesa e una distanza percorsa di 50 metri i poliziotti iniziano a spezzare la fila. Iniziano a rimuovere le transenne che ordinano il percorso verso il mausoleo. Molti restano definitivamente fuori. Un gruppo di asiatici alza la voce. Io sono proprio in coda, tra gli ultimi dieci che potranno vedere oggi la salma. Pare tutto sotto controllo ma d'un tratto la fila non scorre piu' come prima. Guardo nervosamente l'orologio: 12.30, poi 12.45. Si alza un megafono, voce russa, un transenna compare una decina di metri di fronte a dove mi trovo. OK, tutti a casa, tornate domani! Niente da fare, le tombe dei leader comunisti non fanno per me.
Di Mosca ho visto molto. Sono qui da giovedi sera. Ogni giorno ho macinato kilometri con gambe e piedi non ancora allenati, che alla sera dolevano. La Piazza Rossa, il Cremlino, Gorki Park, una esposizione permanente del progresso Sovietico, una serie di padiglioni in stile neoclassico interpretato secondo i principi socialisti, escursione in battello sulla Moscova, i grattacieli di Lenin, la residenza estiva degli zar... Le distanze tra le attrazioni turistiche sono enormi. Per attraversare la citta' si viaggia in metropolitana, una attrazione essa stessa, piu' che utilizzare la metro sembra di essere all' Opera. Le scale mobili scendono a profondita' impressionanti: immaginate di utilizzare una scala mobile per un minuto e mezzo: quanto potete scendere?
Alla sera ho fatto vita da ostello, per entrare nel ritmo-viaggio: spesa al supermercato nel tardo pomeriggio, cena all' ostello, drinks e socializzazione. Dopo le prime notti passate all' ostello in periferia nord, mi sono avvicinato al centro, 10 min. a piedi dalla Piazza Rossa: Hostel Napoleon. Molti olandesi e spagnoli, camerate da 10 persone, cucina e 2 doccie calde
In ostello conosco Miguel di Barcellona: come me intende viaggiare per 12 mesi. Percorrera' un itinerario piu' a nord del mio, lungo la transiberiana, passando per Mongolia e Cina prima di arrivare in Nepal. Forse ci incontreremo nel nord dell' India, quando le nostre strade si incrocieranno nuovamente.
Mi e' mancata una serata di vero clubbing moscovita; non c'e' stata l'occasione, non si e' creata l'onda giusta. In ostello si e' sempre fatto tardi a birra e chiacchere.
Per me il vero viaggio inizia adesso, oggi, stasera, quando alle undici e trenta saliro' sul treno diretto ad Aralsk, in Kazakistan, dove sbarchero' giovedi sera.
Dasvidania Mosca.
Rene'

vedetevi il video della metropolitana a Mosca!

venerdì 13 luglio 2007

Arrivo a Mosca

Arrivato a Mosca. Fa caldo, intorno ai 30 gradi.
Mercoledi sera a Duesseldorf il clima era gia' quasi autunnale. Ho dovuto recuperare dal fondo dello zaino la giacca a vento che pensavo di dovere utilizzare solo sulle montagne dell' asia centrale. 15 gradi, vento e pioggia ad intermittenza.
Qui a Mosca invece siamo in piena estate, microgonne e occhiali da sole.
La giornata di ieri e' stato un tipico trasferimento: aereo da Duesseldorf alle 15, ritardo di un'ora, forti turbolenze in volo (aereo che balla in mezzo ad una nuvola grigia a 10mila metri di altitudine), atterraggio alle 21 ora locale; attraversamento di Mosca da sud a nord con treno e metropolitana. Arrivo in ostello bello sudato che e' quasi mezzanotte, con la prima cena "saltata" alle mie spalle. Sono in camera con due ragazze austriache che ho dovuto brutalmente svegliare a mezzanotte e mezza perche' si erano chiuse in camera e con la chiave nella toppa non si riusciva ad entrare.
Prima impressione: Mosca e' cara. Piu' di 25 euro per dormire in una quadrupla con letto dal materasso pressoche' inesistente e a 20 min di metro dal centro. Il terzo piano dell' edificio, quello dove c'e' l'ostello, ha solo una camera con doccia calda: alla reception dicono di lamentarsi con il comune di Mosca - che gestisce l'acqua calda - e non con loro!
Ho appena esplorato la Piazza Rossa, fatto le foto alla Chiesa di San Basilio, mangiato un boccone all' interno dei pomposi magazzini generali GUM.
Devo impratichirmi con il cirillico in quanto le insegne in inglese sono veramente poche!

Rene'

venerdì 6 luglio 2007

5 giorni alla partenza

Ancora pochi giorni alla partenza (11 luglio). Si intensificano i preparativi.
La situazione sembra sotto controllo:
le pratiche burocratiche (visti) e mediche (vaccinazioni) sono state completate già alcune settimane fa.
Non resta che preparare lo zaino e cercare di non scordare nulla... Mi sono appena ricordato che non ho ancora comprato il Nescafé!

René