martedì 17 giugno 2008

Il mega trasferimento

Contatto Riki per un giro di Bukittinggi. Ci incontriamo alle 11 di una domenica mattina nel parco in mezzo alla cittadina, a quell'ora affollato di famiglie a passeggio e bambini schiamazzanti. Il mio nuovo amico insiste per una visita a casa sua, che si trova in un piccolo paese a qualche km da Bukittinggi. Accetto.
Giunti sul posto faccio la conoscenza della famiglia e ben presto mi trovo un piatto di riso e pesce fritto sotto i denti: accoglienza all'indonesiana. La casa e' composta da 3 stanze, una cucina ed il soggiorno. Ci sono pochi mobili (nel soggiorno c'e' solo la TV...) e il pranzo lo consumiamo seduti, a gambe incrociate, su una stuoia. Dopo una tazza di caffe' facciamo un giro del villaggio e visitiamo uno zio di Riki che abita in una bellissima casa tradizionale di legno con un tetto che mi ricorda lo scafo di un veliero. Tutta la famiglia e' al lavoro nelle operazioni di restauro del vecchio edificio.

Tornati a Bukittinggi visitiamo un'area della citta' dove i giapponesi, nel corso della seconda guerra mondiale, hanno costruito una estesa serie di bunker e gallerie sotterranee. E' ormai pomeriggio inoltrato e avrei bisogno di un break, di un attimo di riposo in albergo, ma non riesco proprio a svincolarmi dalla compagnia di Riki (mollami!). Chiudo la giornata invitando il mio nuovo amico a cenare in un ristorante all'aperto del mercato notturno. Il clima e' ora piacevolmente fresco (Bukittinggi si trova a 1500m di altezza) e le strade si sono riempite di gruppi di ragazzi che suonano la chitarra.
Il mattino successivo, alle 10, mi imbarco su un bus alla volta di Bandar Lampung, citta' posta all'estremita' meridionale dell'isola di Sumatra. Sulla la carta la distanza da Bukittinggi sembra essere intorno a 1000km. Sto per sciropparmi, in lunghezza, quasi due/terzi di Sumatra. I tempi del viaggio sono imprevedibili.
Un'ora dopo la partenza siamo gia' fermi per un guasto meccanico. Il pullman e' entrato troppo violentemente in una buca e si deve essere scassato qualcosa. Ripartiamo dopo un'ora e mezza di smartellamenti nell'area del semiasse anteriore.
Sul bus la mia posizione non e' delle migliori; mi trovo nella fila immediatamente prima del bagno; significa avere un sedile che non si reclina e aria maleodorante. Sono l'unico straniero in viaggio e, quindi, al centro dell'attenzione. Verso sera il corridoio centrale si è trasformato in un immondezzaio: una giornata di pasti e di snack hanno lasciato il segno. Ci fermiamo in un ristorante per la cena e scopro con sorpresa che quasi tutti i passeggeri approfittano della sosta per lavarsi e rinfrescarsi; sapone, salvietta, un cambio di vestiti e risalgono in pullman come nuovi; quello che si sta progressivamente sporcando sono solo io... Nel corso della sosta qualcuno si e' anche preso la briga di pulire il corridoio; meno male.
La notte procede a sobbalzi, come quelli della strada, che interrompono un sonno gia' leggero sollevandoti dal sedile. Sumatra e' un'isola gigantesca, dove le citta' sono separate da centinaia di km l'una dall'altra; in mezzo ci sono colline, laghi, vulcani, foreste e campi. E' una zona selvaggia anche se l'integrita' della natura e' messa costantemente in pericolo da disboscamenti e trivellazioni in cerca di petrolio.
Il mattino del secondo giorno arriviamo a Palembang, una grossa citta' nell'area sud-orientale dell'isola. La sosta e' breve; giusto il tempo di far scendere alcune persone e di caricare nuovi passeggeri; il bus e' sempre pieno. Il viaggio scorre lento. A Sumatra non ci sono autostrade e le poche strade che attraversano il territorio sono molto trafficate e alquanto scassate. Verso mezzogiorno facciamo una pausa; il pullman si e' fermato lungo la strada accanto ad alcune bancarelle che vendono frutta. I miei compagni di viaggio insistono nel farmi provare il durian, un frutto dalla pelle spessa e appuntita, grosso quanto un melone e dalla polpa puzzolente: qualcosa che ricorda un uovo marcio o la puzza di piedi. E' dolcissimo, non male dopotutto, ma e' da mangiarsi con il naso tappato. Prima di ripartire mi regalano un sacchetto di duku, un frutto grande poco piu' di una noce, anche questo da sbucciare, dalla polpa trasparente, dolce e succosa.
Il pullman attraversa ora una vasta landa pianeggiante. Campi a perdita d'occhio; il colore giallo delle lunghe spighe di riso che contrasta con le nuvole nere di un temporale che rumoreggia, lontano, sulla linea dell'orizzonte. Una colonna di TIR davanti a noi solleva ondate di polvere. E' un pomeriggio bollente. Nessuna citta' in vista. Arrivero' mai?
All'imbrunire il pullman si ferma ancora, questa volta per la cena. L'autista mi spiega che Bandar Lampung e' poco distante; ancora un paio di ore e ci siamo. Mentre i passeggeri si lavano io mangio un piatto di riso fritto; probabilmente sono l'unico che sta iniziando a puzzare.
Ore 21: case e negozi si fanno piu' frequenti lungo la strada. Stiamo per arrivare in citta'. L'autista in seconda mi si avvicina e mi spiega che non si fermeranno alla stazione: il pullman prosegue fino a Jakarta. Mi chiede dove voglio scendere. Non lo so, rispondo; poi aggiungo, vicino ad un albergo va bene.
Ed e' cosi che il bus si ferma, alle 21.30, dopo 35 ore di viaggio, nei pressi di un grosso albergo. Non ho la più pallida idea di quale sia la mia posizione; se sono in citta' o in periferia. Entro e addocchio i prezzi; troppo alti. Faccio chiamare un taxi che mi porta verso il centro, in un albergo più economico. Appena entrato in stanza crollo sul letto. Ho proprio bisogno di starmene sdraiato almeno per una decina di ore.
Rene'

1 commento:

Anonimo ha detto...

ho letto le pagine del "theneldeserto", poi ho cercato la storia di Hoppy. ma è rimasto in Russia o è felice arrivato in Australia? ciao ciao
ma