martedì 19 febbraio 2008

Laos, a prima vista

L'atmosfera in questo remoto confine tra il Vietnam e il Laos e' molto scazzata; sono quasi le 13 e i doganieri hanno iniziato a grigliare del pesce e delle banane!
Non sono l'unico a dovere aspettare un passaggio verso il primo centro abitato laotiano. C'e' un minibus fermo nel piazzale della dogana e scopro essere quello partito alle 4.30 di mattina da Dien Bien, in Vietnam. Ci sono alcuni farang (stranieri, nella lingua locale) tra i passeggeri. Mi fermo a chiaccherare con Oackley, un americano, che mi spiega che sono fermi ormai da oltre 6 ore: pare che il guidatore del minibus non abbia soldi a sufficienza per pagare le tasse (o mazzette?) doganali sulla merce che sta trasportando. Il nervosismo dei viaggiatori bloccati si e' ormai trasformato in sconsolata rassegnazione.
Intanto sopraggiunge il camion che avevo superato lungo la strada verso il confine. E' la mia occasione! Contratto un passaggio fino a Muang Khua (60km da qui) per 10 dollari.
Dalla mia posizione privilegiata in cabina di guida osservo verdi creste di colline che si perdono in lontananza. La strada e' un dolce saliscendi che segue le asperita' del terreno. Siamo su uno sterrato e, come sul lato vietnamita, il traffico e' praticamente assente. L'attraversamento di un piccolo fiume da ai camionisti l'occasione per una breve sosta con successivo lavaggio dell' automezzo.
Superiamo una serie di minuscoli villaggi, sperduti nella foresta, e la prima cosa che noto e che non ci sono praticamente costruzioni di cemento. Le case sono tutte in legno, piccoline; alcune si reggono su sottili palafitte. La strada una volta in mezzo al paese si trasforma in un'ara dove razzolano galline, oche, anatre e pulcini, mentre cani e gruppi di piccoli scuri maialini si rincorrono giocosamente. Cio' non sembra sia una ragione sufficiente a rallentare la corsa del nostro camion. Gli animali, spaventati, fuggono all'impazzata e alcuni volatili si immolano coraggiosamente sotto le ruote del camion e io non riesco a capire i motivi del folle gesto; perche' non allontanarsi dalla fonte del pericolo? E' come scegliere di attraversare di corsa un fuoco pur avendo la possibilita' di passarci intorno.
Dopo 2 ore e mezza arriviamo a Muang Khua, il primo centro abitato di una certa importanza in questa montagnosa fetta di Laos nord orientale. Avra' si e no un migliaio di abitanti, tutti concentrati lungo le sponde di un fiume che accarezza dolcemente le pareti di verdi colline. Il centro nevralgico del paese sembra essere il traghetto - poco piu' di una zattera di legno - che collega le due sponde e si muove grazie alla spinta, esercitata su un lato, da un arrugginito scafo a motore.
Si e' fatta presto sera e dalla terrazza della mia guesthouse inizio a famigliarizzare con gli elementi che saranno una costante del mio viaggio in Laos: tranquillita' e silenzio. Una assoluta mancanza di rumore che per me e' una sensazione totalmente nuova, dopo mesi passati in paesi ad alto tasso sonoro come India, Cina e Vietnam.
A Muang Khua la corrente elettrica c'e' solo dalle 17.30 alle 21.30, grazie al generatore comunale; i cellulari non funzionano; non ci sono bar o ristoranti aperti fino a tarda ora; non ci sono motorini strombazzanti; non ci sono capannelli di persone che indugiano a bordo strada.
Quando la luce artificiale viene meno si vive intorno al lume di una candela che ben presto si spegne, risucchiata dalla nera e profonda notte laotiana.
Rene’

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