giovedì 14 agosto 2008

A spasso per Flores

L'isola di Flores e’ raggiunta dopo 9 ore di traghetto da Sumbawa. Una traversata tranquilla, quasi sonnolenta, salutata per alcuni secondi da una coppia di delfini. Labuanbajo (o Bajo), il porto di arrivo, e' un puzzolente villaggio di palafitte che gode di un certo fascino. La baia sulla quale si affacciano le case e gli scoscesi pendii ricoperti di vegetazione che si tuffano nel mare sembrano usciti dalla matita di Hugo Pratt; uno scenario degno delle avventure di Corto Maltese.
A poche miglia marine da qui si trovano le isole di Comodo e Rinca, abitate dai temibili draghi, lucertoloni lunghi un paio di metri noti per il fatto di essere carnivori e sempre affamati. Le isole fanno parte di un parco nazionale e le visito insieme ad un gruppo di altri viaggiatori. Il ranger che ci accoglie al campo base di Rinca ci porta a passeggio per un paio di ore e ci aiuta a individuare un dragone, addormentato all'ombra di una roccia; l'animale, ci spiega, e' in fase digestiva perche' negli scorsi giorni si e' pappato un cerbiatto. Apprendiamo inoltre che i dragoni non ammazzano e si cibano subito delle loro vittime ma le morsicano infettandole con la loro saliva; questa causa una malattia mortale nella sfortunata bestia che viene sorvegliata dai dragoni fino al decesso: un appostamento che puo' durare settimane. Quando c'e' una particolare carenza di cibo, i dragoni si ammazzano anche tra di loro: cannibalismo!
Dopo alcuni giorni a Bajo, all'estremita' occidentale di Flores, mi sposto verso est, raggiungendo il centro dell'isola. Visito i paesi di Ruteng e Bajawa, nell'entroterra, dove di notte fa sorprendentemente freddo; intorno ai 10 gradi. Il paesaggio intorno a Bajawa e' particolarmente attraente: foreste umide e lussureggianti, vulcani dai coni perfetti, villaggi tradizionali dove si vive ancora in case dai tetti di paglia. Ingaggio un moto-taxi per una giornata intera con lo scopo di esplorare alcuni villaggi della zona. Il primo che visito gode di una posizione spettacolare su un balcone naturale all'inizio di una stretta vallata: vulcano alla destra, colline sulla sinistra e l'azzurro del mare sulla linea dell'orizzonte. Poco lontano, nel fitto della foresta, due torrenti, uno d'acqua gelida, l'altro bollente, si uniscono per formare un naturale bagno termale; godurioso. Approfitto per farmi la prima "doccia" calda dopo settimane.
Nel pomeriggio faccio tappa al villaggio di Wogo. E' in corso il funerale (rito cattolico) di una anziana abitante. Qui incontro Ervin, una ragazza del posto, che parla un ottimo inglese e mi spiega alcune tradizioni della popolazione locale (gli Ngada), tra le quali quella di seppellire le persone piu' importanti nel centro del villaggio sotto strutture a forma di ombrellone o di casa in miniatura; queste vengono "consultate" prima di prendere decisioni importanti come la semina, il raccolto o i matrimoni. Una interessante e misteriosa commistione di cattolicesimo e animismo. Mi porta a vedere anche delle pietre megalitiche, alte fino a 3 metri, dalle origini e significato oscuri. Al termine del funerale Ervin mi invita in alcune case (dalle strutture rettangolari di legno, a un piano, rialzato, e dal tetto di paglia) dove i parenti della defunta (praticamente tutto il villaggio) si sono riuniti e stanno consumando un pasto. Anche a me viene offerto un piatto; trattasi di riso stopposo con fagioli e pezzi di carne (forse maiale) gommosi e di difficile masticazione; cerco di fare del mio meglio e mangio almeno il riso: non voglio offendere nessuno! Dopo che Ervin mi ha presentato ad una decina di persone vengo portato in un'altra casa dove mi ritrovo nuovamente con un piatto (identico) sotto il naso; ugh! Stesso rituale di prima. Sulla soglia della terza casa pero' prendo la ragazza per un braccio e la imploro di terminare il giro di presentazioni; ho lo stomaco che mi sta per scoppiare! La saluto e chiudo questa esperienza culturale veramente particolare.
Ritorno a Bajawa che e' ormai sera e buio pesto. L'unico locale aperto sembra essere la stanza al piano terra di una casa dove un gruppo di ragazzini, seduti sul pavimento, sta giocando alla Playstation 2 su tre differenti televisori (deve essere la sala giochi del paese). Ficco il naso e subito mi invitano a una sfida a calcio; gioco alcune partite con l'Italia, vincendole quasi tutte; mi diverto un sacco a urlare in faccia ai ragazzini "Pippooooo!" o "Gila!" ad ogni gol. Piovono pacche sulle spalle e risate generali. Football mania.
Dopo Bajawa faccio tappa alle pendici del vulcano Kelimutu. L’attrazione del luogo e’ la presenza di 3 laghi colorati all’interno della caldera: uno marrone, uno quasi nero e un altro turchese. Spettacolare. Sembrano tempere sulla tavolozza di un pittore. La colorazione delle acque e’ dovuta alla presenza di minerali nella roccia. Secondo una tradizione locale i laghi sono abitati dagli spiriti dei morti. Dalla cima del vulcano riesco a scorgere l’azzurro del mare lungo le coste meridionali e settentrionali (l’isola e’ abbastanza stretta) e, sforzandomi, arrivo quasi a vedere la punta orientale dell’isola. Il paesaggio e’ una successione di vulcani, molti dei quali attivi e con i coni fumanti.
Flores e’ tutta un saliscendi: strade tortuose, serpentine, strette vallate, burroni e ripidi pendii. Il suolo e’ nero e spesso ricoperto da una fitta vegetazione tropicale. Una splendida e capricciosa isola vulcanica.
Una guida del posto mi racconta che hanno appena evacuato una zona a est dell’isola in quanto stanno aspettando il “botto” di un vulcano. Wow. Tranquilli, io sto andando nella direzione opposta. Termino il soggiorno a Flores nella citta’ di Ende, una delle piu’ grandi dell’isola, dove, sul lungomare, c’e’ un vivace mercato del pesce; freschissimo. I tonnarelli appena pescati sono ancora sanguinolenti e finiscono abbastanza in fretta, una volta tranciati, dalle barche sul retro di un pick-up. L’odore penetrante del pesce si mischia in continuazione a quello piu’ fresco degli ortaggi, in vendita poco piu’ in la. Tutti gli scarti finiscono poi tra le sabbie nere della spiaggia, preda delle fauci di chiassosi gabbiani o dribblati da schiere di ragazzini alla rincorsa di un pallone. Travolgente realta’ indonesiana.

Rene'

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