martedì 28 ottobre 2008

Lungo la West Coast

A Broome, di fronte ad un paio di birre, saluto Rusty, l'amico australiano che mi ha aiutato a trovare il lavoro nelle Kimberley. Sono pronto ad aggregarmi ad un ragazzo israeliano, Arthur, che sta viaggiando verso Perth. Partiamo a fine agosto sulla sua Ford Fairmont bianca stracarica di roba; una station wagon degli anni 90 in ottime condizioni.
Con Broome alle spalle e una decina di kilometri percorsi siamo gia' in mezzo all'outback, l'Australia selvaggia, deserta: niente radio, il cellulare che non prende, poche auto e distese di cespugli e terra rossa a perdita d'occhio. La strada segue la linea della costa e si trova a pochi kilometri dal mare, ma e' una certezza che ci e' data unicamente dalla cartina; intorno a noi il paesaggio e' monotono, la strada e' dritta e di acqua non se ne vede. Per raggiungere la spettacolare e lunghissima Eighty Mile Beach bisogna lasciare la highway e percorrere alcuni kilometri di strada sterrata. La spiaggia di sabbia bianca e' popolata solo da uccelli e alcuni pescatori. Scatto qualche foto e raccolgo una conchiglia ricordo di una delle spiaggie piu' lunghe al mondo.
Port Hedland, il prossimo centro abitato (sui 15mila abitanti), si trova a 600km da Broome. Qui ci fermiamo solo per fare provviste e benzina. Lasciamo infatti la costa per raggiungere il Karijini National Park che, personalmente, considero il paesaggio australiano per antonomasia. Passiamo due giorni a camminare tra stretti canyon rocciosi, torrenti, cascatelle ed eucalipti. Alla sera, il sole in tramonto esaspera drammaticamente il colore rosso delle roccie e pennella di viola alte nuvole stratiformi; un crepuscolo da fine del mondo. Dopo il piattume della costa gli altopiani del Karijini con i suoi imprevedibili torrenti, le strette e profonde ferite scavate dall'acqua, i punti panoramici, i precipizi verticali e le spettacolari dimensioni e colori della roccia sono un piacere per gli occhi. La terra australiana ci avvolge e si incastra in uno dei nostri pneumatici, lacerandolo. Il successivo acquisto di una nuova ruota a Tom Price, nel profondo West, non si rivela un'operazione economica.
Dall'entroterra ritorniamo verso la costa e facciamo tappa ad Exmouth un luogo significativo per la sua posizione: e' dove la costa, dopo essersi snodata a ovest di Broome, "vira" decisa verso sud e Perth. A Exmouth inizia il Ningaloo Reef, la barriera corallina della West Coast, decisamente piu´piccola di quella “Grande” lungo la costa orientale ma sicuramente piu´accessibile; bastano un paio di pinne e un boccaglio. I coralli si trovano infatti ad un centinaio di metri dalla spiaggia. Unico inconveniente – e non da poco – le dispettose correnti sottomarine che generano un pericoloso effetto risucchio impedendo, talvolta, il ritorno alla battigia. Oltre al Reef il posto si distingue per una base navale e una selva di radio antenne statunitensi.
Poco lontano dalla cittadina e dalle radiazioni una piccola collina ospita un grazioso faro. Al tramonto, da questa altura, scorgiamo enormi megattere in migrazione. Stanno ritornando con la prole verso i mari dell´Antartide dopo essersi riprodotte al largo della costa nord occidentale dell´Australia. Con un po´ di fortuna, oltre alle pinne e agli sboffi delle balene, si puo´ scorgere qualche salto (che giustifica la loro denominazione inglese di humpback whales).
Exmouth mi da un po´ la sensazione di “fine del mondo”, ultimo bastione colonizzato, oltre al quale non c´e´ piu` nulla. Sensazione data dal fatto di trovarsi all´estremo settentrionale di una stretta penisola con niente intorno se non l´immenso vuoto australiano. Da qui ci spostiamo a sud di oltre 700 km fino a raggiungere Shark Bay e Monkey Mia. Un`altra zona sperduta, dal nome inquietante e ricca di fauna acquatica: squali - ovviamente - delfini e dugongs che, alimentandosi delle enormi distese sottomarine di alghe, vengono ribattezzati le “vacche del mare”. Monkey Mia e´ famosa perche´ lungo le coste di questa baia puntualmente, ogni mattina e da oltre 30 anni viene in visita un gruppo di delfini. La cosa ha giustificato la nascita di un resort sulla famosa spiaggia e i delfini vengono ora nutriti da un gruppo di ranger tre volte al giorno. Secondo alcuni una pratica scorretta ma va pur considerato che il turista che si spara migliaia di km per raggiungere questo posto unicamente per scorgere da vicino i delfini, una volta arrivato... li vuole poi vedere!
Continuando il viaggio verso sud la vegetazione brulla e semidesertica dell´ outback lascia progressivamente posto a pascoli, campi e boschi. In Australia e´ primavera e i dintorni di Kalbarri sono vivacizzati dalle molteplici colorazioni dei fiori selvatici. Distese colorate a perdita d´occhio. Un paradiso per gli appassionati.
Kalbarri e´ a un giorno di macchina da Perth e la cosa si percepisce passeggiando per le strade di questa cittadina. Una graziosa localita´ di villeggiatura animata dai vacanzieri del fine settimana che, dopo avere passato una giornata di pesca d`altura, riempiono ristoranti e bar. A nord e a sud del paese la costa e´caratterizzata da alte scogliere, modellate dalla furia di vento e acqua. Kalbarri e` l´ultimo posto dove si respira la tranquilla, indolente aria della cittadina di provincia, prima di arrivare a Perth, la metropoli dove risiede l´85% della popolazione dello stato del Western Australia.
Lungo la strada ci fermiamo una ultima volta per vedere il Pinnacle Desert, cosi chiamato per via delle roccie monolitiche che, a centinaia, spuntano dalla sabbia poco lontano dal mare. Un posto misterioso e interessante e, come molte delle attrazioni australiane, facilmente accessibile in macchina: si puo` persino fare lo slalom tra i pinnacoli.
A 12 giorni di distanza da Broome ecco comparire all`orizzonte la skyline di Perth: i grattacieli della CBD, il Central Business District. Per la prima volta dopo mesi vedo tante auto tutte insieme, traffico, persone che affollano marciapiedi. Perth è la prima citta' con milioni di abitanti che visito in Australia e la prima impressione non e´ entusiasmante.
Rene'

mercoledì 22 ottobre 2008

Di ritorno a Broome

I giorni passano. Volano. Sei settimane trascorrono in fretta. E' il 22 agosto e ho lavorato per 35 giorni, circondato dall' immenso bush. Spesso ho sentito il bisogno di muovermi, di esplorare quello che mi sta intorno; di impulso sarei partito a piedi, inseguendo l'orizzonte, con la voglia di scoprire cosa si trova oltre quella collina, al termine di quella radura o cosa nasconde quel gruppo di roccie. Un viaggio impossibile, folle, che sarebbe terminato presto per mancanza di cibo o acqua. Solo fantasie della mente, innescate dall'isolamento del luogo.
Ora mi appresto a tornare, come si suol dire, alla civilta', in un modo particolare. Dalla fattoria di Drysdale River (a 60km dal camp) mi imbarco su un piccolo aereo, atterrato da pochi minuti: sta consegnando la posta in angoli sperduti delle Kimberley. Il pilota-postino, Aron, ha 22 anni e ne dimostra 18. Mi dice che vola da 3 anni: sono nelle sue mani. L'aereo e' minuscolo: bi-elica, 8 posti e tanti pacchi da consegnare. Dopo avere lasciato Drysdale River planiamo su altre due fattorie, Doongan e Theda, sulle comunita' aborigene di Kalumburu e Oolbungurri, prima di arrivare alla cittadina di Wyndham e raggiungere la destinazione finale di Kununurra. Quattro ore di sali-scendi, vuoti d'aria, piste d'erba o di terra battuta, con una mano sul sacchetto per il mal d'aria e lo sguardo incollato al finestrino. Sotto di noi, infinite distese di terra brulla e roccia, serpentini corsi d'acqua e mandrie di bestiame: siamo i postini dell'aria. Ad ogni atterraggio scambiamo qualche parola con gli abitanti del posto, beviamo un bicchiere d'acqua, rabbochiamo carburante e poi ci congediamo, fino alla prossima consegna; Aron, in quest'area di remota Australia, lo fa gia' da due anni.
Quando arrivo a Kununurra, con il viso candido come quello di un lenzuolo, ho l'impressione di venir travolto da una ondata di rumore. E' strano, forse improbabile, dato che mi trovo in un sonnolento paese di 6mila anime. Tuttavia il cambiamento, da nulla a molto, e' drastico. Da una tenda singola circondata da natura incontaminata, alla camerata di un ostello. Mi lascio andare a sensazioni nostalgiche, ricordando fresche albe e brucianti tramonti; stavo meglio ieri, penso, ma ho comunque voglia di viaggiare, di tornare al movimento. L'indomani sono gia' su un pullman con destinazione Broome; 13 ore e mi ritrovo dove avevo cominciato, giusto un mese e mezzo fa. Davanti a me si distende tutta la west coast e la bellezza di almeno 3mila kilometri prima di arrivare a Perth.
Rene'

lunedì 13 ottobre 2008

Si lavora!

Broome, west coast australiana, 15mila abitanti e una spiaggia di sabbia bianca lunga 22km, bellissima. Un tempo remoto villaggio di cercatori di perle e' ora una localita' di vacanza tra le piu' gettonate della costa. Il business della perla e' ancora florido e coinvolge allo stesso modo turisti, che visitano le zone di produzione e comprano souvenir, e popolazione locale, impiegata negli stabilimenti. Tra i backpackers che affollano gli ostelli di Broome un posto nell'industria delle perle e' molto ambito in quanto, nonostante il lavoro sia duro (14 giorni consecutivi per 7 di ferie e cosi via), la paga e' ottima: fino a 1200 dollari a settimana, si dice.
Broome e' una cittadina impossibile da girare a piedi. Ma come - vi chiederete - con soli 15mila abitanti? Tanto per cominciare, il centro storico, che si gira in 20 minuti, e' distante 7km dalla spiaggia di Cable Beach (quella bella di sabbia bianca). Poi ce n'e' un'altra, detta Town Beach, dove si trova anche la biblioteca e un piccolo museo che sta ad un paio di km dal centro. Tutt'intorno ci sono i quartieri residenziali - estates - e zone industriali, con l'aeroporto piazzato a meta' strada tra Cable Beach e il centro. Per chi e' appiedato come me e' un macello; situazione aggravata dall'esistenza di un unico pullmann che transita ogni 30 minuti.
A Broome e' di casa Rusty, un ragazzo australiano conosciuto in Cambogia, che per 6 mesi all' anno fa la guida nelle Kimberley: porta a spasso turisti per 13 giorni su un truck 4x4 di marca Isuzu. Lo incontro un lunedi sera; e' sbronzissimo perche' ha appena terminato un tour e si sta godendo 2 giorni di pausa. Tra una birra e l'altra riesco a spuntare un colloquio di lavoro per il mercoledi successivo: in uno dei loro campeggio stanziali (wilderness o safari camps) cercano personale.
Il seguente incontro con Tony, uno dei responsabili della Kimberley Wilderness Adventures, piu' che un colloquio si configura come un "ti spiego quello che c'e' da fare e tu mi dici se la cosa ti interessa". Accetto e ringrazio e dopo alcuni giorni, il 14 luglio per l'esattezza, sono sul camion-frigo che trasporta, settimanalmente, i viveri nei 3 campeggi situati nelle Kimberley, a nord-est di Broome. Torno sulla Gibb River Road; torno su una strada percorsa solo poco piu' di una settimana fa, ma in senso opposto. Sono destinato all' Ungolan Wilderness Camp, presso le Mitchell Falls e poco distante dalla costa. Da Broome sono quasi 900km e 3 giorni di viaggio su strada sterrata: come un Milano-Bari, ma senza nulla in mezzo! Se mi cercate su un atlante, buona fortuna; farei prima a fornirvi le coordinare GPS e aggiungo: non ho mai viaggiato tanto per raggiungere un posto di lavoro.
All'inizio e' dura. Devo abituarmi ai nuovi ritmi; le giornate sono sfiancanti: a giorni alterni, sveglia alle 5.15 o alle 7. Cucinare, pulire, lavare, stendere, sparecchiare... Percepisco a malapena il luogo, il paesaggio: potrei essere ovunque invece mi trovo in un posto speciale che solo da pochi anni gli australiani hanno iniziato a scoprire. Pensate che una delle zone piu' sceniche - le Bungle Bungle, cupole di roccia stratificata di differente colorazione - sono state rese note al grande pubblico solo nel 1982; e che ci siano altri tesori nascosti, soprattutto sotto forma di arte rupestre, lo sospettano in molti.
Dopo una settimana alle Mitchell Falls vengo trasferito al Marunbabidi Camp, 200km a sud-est rispetto al precedente, nell'entroterra, in mezzo al bush. Qui passo le successive 5 settimane e le mie condizioni lavorative vanno migliorando. Il campeggio e' piccolo: conta 16 tende e puo' ospitare fino ad un massimo di 32 persone. A lavorare siamo in 4 e ce la caviamo egregiamente; le mattinate finiscono intorno alle 12, il che ci concede alcune ore di relax prima del turno serale, che solitamente va dalle 16 alle 21. Ho assimilato il ritmo di lavoro e mi godo il tempo libero: dopo avere preparato colazioni, rifatto letti, pulito gabinetti e steso la biancheria posso concedermi una nuotata nel torrente vicino al campeggio, leggere un libro o semplicemente dormire all'ombra di un albero. Scopro il bird-watching e mi diverto ad appostarmi con binocolo a scovare gli uccelli del posto: colorati pappagalli, falchi, aironi e altri volatili dagli strani nomi (Cockatoo, Kookaburra). Apprezzo la solitudine, la tranquillita' e l'isolamento di questo posto incontaminato. Niente TV, niente radio. Un telefono ci tiene collegati al mondo e ci permette una lentissima navigazione (28k) internet. Le Olimpiadi me le sono perse. Ho appreso che la Cina ha vinto il medagliere, ma era una cosa facilmente prevedibile.
I nostri vicini di casa - una comunita' aborigena in disuso e una fattoria, a 20km di distanza - non li vedo quasi mai. Una sera uno sparo poco distante dal campeggio mi avverte che gli aborigini hanno appena fatto provviste di carne (una mucca). Qui nel bush non si va molto per il sottile; hai fame? Uccidi. Il sole e' torrido, la vegetazione arida, la natura selvaggia e le parole sono preziose come l'acqua nel corso della Dry Season: se chiedi ad un local da quanto tempo abita qui, dopo un lungo sguardo e una pausa di 10 secondi, ti rispondera' "too long", spostando gli occhi sul paesaggio, come in un western di Sergio Leone.
Nell'ultimo racconto vi avevo gia' accennato alle dimensioni, ma vi do ulteriori dati sull'area: le Kimberley occupano il 16% dello Stato del Western Australia, una regione che puo' contenere tranquillamente Inghilterra, Giappone e Germania; la superficie si estende per 700km da est ad ovest e 600km da nord a sud, per un totale di 421mila km quadrati; al suo interno si trovano fattorie e proprieta' private grandi come mezza provincia di Bergamo.
A Marunbabidi, 20 giorni dopo il mio arrivo, il sole al tramonto colora di rosso l'orizzonte, gli uccelli lanciano gli ultimi, acuti, richiami e il fuoco al centro del campeggio illumina i volti dei nostri ennesimi ospiti serali; e' in questo momento che, alzando gli occhi alle prime stelle, mi rendo conto di essere in un posto speciale.
Rene'

lunedì 6 ottobre 2008

Il Kimberley tour

Fine giugno; e' arrivato il momento di partire. Dopo lunghe indagini e ricerche decido di aggregarmi ad un tour organizzato che in 9 giorni (e 8 notti) mi portera' da Darwin a Broome, sulla west coast. Gia' prima di arrivare in Australia avevo deciso che avrei visitato, ad ogni costo, la zona chiamata Kimberley che, a detta di molti, è l'ultima vera frontiera del continente: coste frastagliate infestate da coccodrilli, un bush selvaggio, lunghi canyon scolpiti da turbolenti fiumi, aspri massicci rocciosi, gole, cascate e immense fattorie. L'area e' grande come una volta e mezza l'Inghilterra, o 11 volte la Svizzera, e popolata da non piu' di 50mila persone.
L'autostrada asfaltata che collega Darwin a Broome aggira le Kimberley, che vengono attraversate solo dalla Gibb River Road: 700km di sterrato che non perdona; nel corso del tour abbiamo forato 2 volte, rotto un parabrezza e fuso un cuscinetto!
Le fattorie in quest'area sono talmente grandi (alcune superano 1 milione di ettari) che e' inutile, e troppo costoso, recintarle; le vacche pascolano allo stato brado e vengono controllate tramite elicotteri.
Insieme a me viaggiano altre 7 persone, tutte schiacciate nel retro di un Toyota Landcruiser (siamo seduti uno di fronte all'altro). La nostra guida, Kurt, e' un classico cowboy; un ragazzo del posto, muscoloso, abbronzato e belloccio che si farebbe tutte le tipe - ce ne fosse una carina... - del gruppo. Sempre alla ricerca dell'effeto speciale ma, devo ammettere, sa il fatto suo quando si tratta di fare "vita all'aria aperta". La prima notte, dopo cena, sparisce e torna dopo mezz'ora con in mano un coccodrillo d'acqua dolce (in teoria, innocuo) di un metro. Non bastasse, lo molla vicino al fuoco e in un nano secondo 8 persone saltano sulle sedie e urlano "cazzo, riprendilo in mano!".
Nei giorni seguenti, dopo averci illustrato le meraviglie del mondo animale, ci impressiona con una serie di tuffi in pozze d'acqua da altezze spropositate: siamo sui 25-30 metri. Un altro giorno cattura il pesce che ci mangiamo per cena; poi va a caccia di gamberi da fiume: un tipo in gamba insomma.
Lungo la Gibb River Road abbiamo visto quasi tutte le gole e le cascate raggiungibili in 4x4. Posti fantastici, incontaminati; fiumi d'acqua gelida e cristallina. Le sistemazioni notturne sono sempre state di tipo "campeggio selvaggio", in mezzo alla natura, sotto le stelle. Serate trascorse intorno a caldi fuochi e notti limpide, di un freddo pungente; il clima semidesertico della regione significa infatti giornate calde (35 gradi) e notti rinfrescanti (5 gradi).
Kurt si e' distinto anche in cucina: menzione speciale per un cosciotto d'agnello e verdure cotti alla brace; assolutamente deliziosi.
Per me e' il primo assaggio di outback australiano; il selvaggio entroterra. Ammetto: mi sarebbe piaciuto farlo autonomamente ma le risorse finanziarie attuali non lo permettono. Il tour e' ok e il fatto che il gruppo sia piccolo lo rende una buona alternativa al viaggio indipendente.
Strade sterrate, roccie rosse, polvere, vegetazione arida e maestosi fiumi mi sono entrati nel cuore e quando il sole si inabissa nelle acque dell' Oceano Indiano a Broome, 1200km a sud-ovest di Darwin, ho come la sensazione che quello delle Kimberley non sia un capitolo chiuso.
Rene'